Il Triveneto di Nastroflex: tra innovazione e tradizione

Fin dalla sua fondazione, l’azienda della famiglia Palù ha fatto della propria “origine triveneta” un marchio di fabbrica e un punto di partenza per esportare il proprio know how e i propri prodotti, cercando sempre il giusto connubio tra innovazione e tradizione…

Dalla fondazione di Nastroflex sono trascorsi cinquant’anni. Mezzo secolo di esperienza e di successi nati in una delle zone più industrializzate d’Italia, il Triveneto, che hanno portato l’azienda della famiglia Palù a diventare uno dei nomi più conosciuti nel settore degli abrasivi. Un luogo, un modo di intendere l’industria rimasto nel dna dell’azienda di Ponte di Piave nonostante il mondo (e Nastroflex stessa) sia cambiato nel corso degli anni. Dallo stabilimento nel Trevigiano all’acquisizione di quello di Trezzano sul Naviglio, non lontano da Milano. Dagli inizi degli anni Settanta all’espansione “a macchia d’olio”, sempre con un comun denominatore, quel modo di “essere triveneti” che ha accompagnato Nastroflex (e che l’accompagna ancora) nel mondo attraverso l’esportazione del proprio know-how. Dell’essere triveneti e di che cosa questo voglia significare ne abbiamo parlato con Italo Rossetto, direttore commerciale di Nastroflex.

Essere triveneti non è solo una collocazione geografica, ma anche un vero e proprio modo di lavorare”, sottolinea Rossetto. “Trovarci in un’area a trazione fortemente industriale ci ha dato una forte spinta, specialmente nella fase iniziale della vita di Nastroflex. La presenza di tante realtà nel mondo dell’arredamento ci ha permesso di essere sempre a contatto con le industrie, di farci conoscere, di poter visitare di persona tutte le realtà che compongono il mondo dell’industria dell’arredamento triveneta, potendo far toccare con mano la qualità dei nostri prodotti”.

 Come ho già accennato, nascere e “crescere” in un’area così ricca di importanti realtà nel mondo dell’arredamento è sicuramente stato un vantaggio, ma la differenza negli anni l’ha fatta, oltre al nostro modo di lavorare, la nostra continua ricerca della qualità. Sicuramente il Triveneto, rispetto alle altre zone d’Italia, ha mantenuto la sua vocazione per il mondo dell’arredamento, cercando sempre di coniugare un buon prezzo a una buona qualità. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una fase di importanti investimenti, specialmente per quanto riguarda l’automazione. Soprattutto a livello di finitura si è passati da una fase in cui le lavorazioni erano prevalentemente manuali ad avere delle grandi linee di produzione industriali. Questo ci ha spronati a fare sempre meglio, ad alzare l’asticella e a progettare dei prodotti che potessero essere sempre più avanzati e performanti e che tenessero conto dei miglioramenti anche delle macchine”.

 Quali sono le difficoltà con le quali vi rapportate e da dove scaturiscono?
Le grandi difficoltà in realtà non scaturiscono dal prodotto o dalle macchine dei nostri clienti, ma dall’approccio iniziale che, purtroppo, non sempre viene fatto con l’ufficio tecnico, ma con il responsabile degli acquisti. Un ufficio acquisti, solitamente, ha un solo grande obiettivo: tenere contenuti i costi. E per farlo la tendenza è sempre quella di cercare i prodotti meno costosi, tentare di risparmiare il più possibile sui prodotti per la finitura, con l’errata convinzione che con qualsiasi prodotto si possa ottenere lo stesso effetto. Come ho accennato, non è così. Per questo noi spingiamo molto su quella che non è solo una gamma di prodotti, ma anche la nostra filosofia e possiamo riassumere in una parola: multiconcept, che per noi vuol dire avere “un nastro per ogni occasione”, vuol dire approcciare il lavoro come sarti che scelgono il vestito su misura per ogni possibile lavorazione. Devo ammettere, però, che questa tendenza a scegliere i prodotti prestando maggiore attenzione al prezzo sta cambiando e la mentalità si sta “aprendo”, un po’ come accade nel nord Europa. Nel Triveneto si è sempre stati più restii a questo tipo di cambiamenti, ma la competizione, specialmente per quanto riguarda le finiture sul lucido, si fa quotidianamente più pressante e spinge le aziende a scegliere prodotti sempre più performanti. Oggi il Triveneto non ha più l’esclusiva su tecnologie che prima gli erano proprie, un aumento della competitività ha portato le aziende a non esportare solo il prodotto, ma a fare perno sul proprio know how, esportando anche le competenze. Non siamo ancora arrivati all’apice di questo processo, ma nell’ultimo quinquennio l’evoluzione è stata evidente”.

 

Che cosa vuol dire fare innovazione nel mondo degli abrasivi?
Fare innovazione nel nostro settore è un processo diverso rispetto ad altri: nel mondo degli abrasivi l’innovazione non è una rivoluzione improvvisa, ma una evoluzione costante. Innovare vuol dire, per noi, levigare le asperità. La vera innovazione, per Nastroflex, è la filosofia multiconcept a cui ho già fatto cenno, offrire sempre ai nostri clienti i prodotti giusti al momento giusto. Insomma, innovare nel nostro mondo vuol dire specializzarsi e la specializzazione – negli ultimi anni – ha significato cercare e trovare applicazioni sempre più specifiche. Se parliamo della lavorazione del pannello truciolare o di mdf, l’evoluzione non è stata così marcata a livello di finitura, ma si è concentrata sulla combinazione dei prodotti abrasivi, con l’utilizzo di tela e a combinazione di carta-tela per esempio. Siamo andati verso un prodotto sempre più stabile, che possa abbinare alte velocità di levigatura a una grande resistenza. Sempre tenendo ben presente l’evoluzione delle macchine: se vent’anni fa si lavorava a venti metri al minuto, oggi si arriva a sessanta! Le velocità sono triplicate ed è evidente che i nastri di vent’anni fa non sarebbero abbastanza resistenti per sopportare questa pressione. Ecco che si rivela indispensabile migliorare costantemente la resistenza prolungando le performance, grazie a prodotti in grado di reggere sollecitazioni meccaniche sempre più importanti.
L’evoluzione più evidente è stata nel settore della levigatura intermedia e nella finitura, dove si devono levigare supporti come le carte melamminiche, che devono essere necessariamente trattate con grane sempre più fini, pur mantenendo sempre in primo piano la necessità di poter utilizzare prodotti che siano altamente performanti”.

 

Potremmo definire l’innovazione nel campo degli abrasivi una “innovazione di riflesso”?
In parte sì, ma non sempre. Per farle un esempio, potremmo definire come una “innovazione di riflesso” quanto abbiamo fatto nel 1992, quando abbiamo dovuto introdurre una micrograna 1200 per riuscire a soddisfare l’esigenza di un nostro cliente. In quel caso abbiamo dovuto studiare una soluzione ad hoc per un determinato tipo di macchina.
In generale possiamo dire che “rincorrere il mercato”, trovare la risposta a problemi che ci vengono proposti è una esigenza imprescindibile: facciamo il nostro dovere quando troviamo il modo di fare un passo avanti in funzione delle nuove tecnologie che i nostri clienti hanno scelto di utilizzare. Accanto a questa dinamica ce n’è però una seconda, molto più “attiva”, se vuole, che si fonda sulla nostra volontà di essere propositivi, protagonisti del nostro mercato, non limitandoci a cogliere opportunità ma cercando ogni giorno di crearle, arrivando a precedere quelle che diventeranno poi esigenze comuni e diffuse.
I rapporti che abbiamo, lavorare con partner eccellenti in diversi segmenti, mettere a disposizione dei clienti tutto il nostro know-how ci consente un approccio dal quale nascono sempre spunti molto interessanti che spetta a noi al nostro ufficio tecnico cogliere per poter lavorare d’anticipo. Possiamo migliorare ulteriormente la nostra qualità? Certamente. L’obbiettivo è sempre quello di poter fare dei passi avanti, senza mai accontentarci, ma in questo contesto, arrivati a questo livello, i miglioramenti sono – come ho già accennato – un costante impegno nel levigare le asperità!”.

 In quale prodotto, secondo lei, si nota maggiormente questa filosofia di Nastroflex?
Se dovessi sceglierne uno direi il “Lonbrade”, noto anche come “L312T”, il nostro fiore all’occhiello. Si tratta di un abrasivo di qualità eccezionale, tanto è vero che è stato subito oggetto di diversi tentativi di emulazione. Si tratta di un prodotto di “lunga abrasione” (“Lonbrade” deriva appunto da “Long Abrasion”, ndr.), un film di poliesteri di colore verde nato da una doppia resina fenolica e una stearatura anti intasamento di nuova concezione, che permette una persistenza maggiore sull’abrasivo. Un prodotto che possiamo usare per tempi decisamente superiori anche su superfici molto dure, mantenendo una costanza di taglio e di finitura superlative. La versatilità e la duttilità di questo film lo rendono un prodotto in grado di affrontare gli usi più diversi, come l’impiego nelle carrozzerie, ad esempio. È un prodotto molto apprezzato in tutto il mondo, perché ha una resa costante con qualunque livello di umidità.
Per le superfici meno “dure”, invece, credo sia giusto citare il nostro “L412S”, un supporto a base film sul retro del quale viene posizionata una carta o un tessuto che ne fanno una soluzione ideale per vernici poliuretaniche o poliacriliche, anche in questo caso garantendo una resa ottimale in qualunque condizione di umidità”.

L’innovazione, dunque, per voi è una questione di “levigatura delle asperità”: ma com’è il vostro approccio al cambiamento?
Senza timori reverenziali: non abbiamo paura di metterci in discussione, di cercare soluzioni nuove, consapevoli che nel nostro mondo, come ci siamo detti, non si tratta di fare una rivoluzione, ma di affinamento. Dal punto di vista tecnico lavoriamo in una forbice non troppo ampia e stiamo attenti al rapporto tra costi e benefici, con un occhio molto attento alle tematiche energetiche. Non abbiamo paura di cambiare ma vogliamo che ogni passo sia fatto con cognizione di causa. Dal punto di vista commerciale, invece, siamo forse più tradizionalisti, ovviamente nel senso positivo del termine: siamo assolutamente convinti dell’importanza del rapporto faccia a faccia, dell’importanza dell’incontro con il cliente per fargli toccare con mano ciò che di tecnico possiamo offrirgli. Sono convinto che, lasciataci alle spalle questa situazione di emergenza, l’attività commerciale tornerà a svolgersi dal vivo e non più solo attraversi gli schermi di un computer o di uno smartphone. In questo settore gli strumenti digitali aiutano, ma non potranno mai sostituire il contatto umano…”.

 

Signor Rossetto, per chiudere: cosa resta del Triveneto nei vostri prodotti, nel vostro lavoro quotidiano?
… forse il nostro modo di intendere il lavoro e di guardare al rapporto con il cliente. Vederci, parlarci, lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo è la priorità. Non è una cosa nuova? Può darsi. Utilizziamo quotidianamente e da tempi non sospetti tutto ciò che è digitale, ma nel nostro dna c’è indubbiamente anche il saper e volere sfruttare al meglio la tradizione…”.

 

A cura di Francesco Inverso

Il Triveneto di Nastroflex: tra innovazione e tradizione ultima modifica: 2021-02-26T07:00:26+00:00 da Francesco Inverso